giovedì 2 maggio 2013

La moralità nella politica.

di Giuseppe Belfiore

Affrontare l'argomento della moralità nella politica non è impresa facile, perchè si rischia di cadere in considerazioni che possono essere banali oppure qualunquistiche.
Partendo però, da quello che sembra essere un andazzo consolidato, chi opera attivamente in politica lo fa, eccezioni a parte, nell'ottica del raggiungimento di obiettivi squisitamente personali e non viene sfiorato minimamente dall'idea che la politica, nell'accezione più nobile del termine, vuol dire mettere al servizio della collettività il proprio sapere, la propria intelligenza, il proprio spirito di sacrificio, per affrontare e possibilmente risolvere i problemi che affliggono il territorio di cui si è parte integrante. Premesso ciò ragionare di moralità nella politica, per quel che concerne le realtà locali, assomiglia sempre di più ad un'impresa titanica perchè è oramai prassi consolidata tra coloro che ricoprono incarichi istituzionali, la "trasformazione" in corso d'opera della propria idea politica iniziale. Ciò individua il comportamento di coloro i quali essendo stati eletti nelle fila di un partito, di un movimento o di una lista civica, dopo un lasso di tempo più o meno breve, colti da una sorta di "crisi mistica", abbracciano un'altra idea politica spesso totalmente agli antipodi rispetto a quella per la quale avevano chiesto il voto agli elettori. Si può affermare tranquillamente che questo tipo di comportamento, quando si ricopre un incarico pubblico, è moralmente deprecabile e socialmente dannoso, perchè agli occhi dei cittadini ciò viene valutato come il modo di porsi di una persona che si è candidata solo per soddisfare proprie ambizioni personali. Imprimere un cambio di rotta di trecentosessanta gradi a questo modo di concepire la politica, come dicevamo sopra, assomiglia ad un'impresa titanica per l'impossibilità di demolire una prassi oramai consolidata.
Una delle possibili soluzioni per ridare cittadinanza alla moralità nella politica a tutti i livelli può essere l'applicazione radicale dell'idea stessa di appartenenza politica, che tradotto vuol dire: Se io vengo eletto per ricoprire una carica pubblica e dopo un tempo più o meno breve non condivido l'idea o la linea politica del partito o movimento nelle cui fila sono stato eletto, non mi dichiaro indipendente, non passo nelle fila di un altro partito, semplicemente mi dimetto dal partito o dal movimento ed anche dalla
carica pubblica sino ad ora ricoperta! Il che vuol dire applicare rigore morale ed onestà intellettuale al concetto di "idea politica di appartenenza" o se si vuole, portare alle estreme conseguenze l'idea stessa della propria appartenenza politica ad un partito o movimento che sia.
Concludendo è lecito chiedersi se questa teoria, che non vuole avere il carattere dell'assolutezza, potrà essere in futuro suscettibile di applicazioni pratiche per ridare moralità e dignità alla politica. A nostro avviso ciò è auspicabile perchè rappresenterebbe un primo passo verso l'attuazione pratica dell'idea teorica della politica nel significato più pieno e più nobile del suo termine.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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