Siccome il mio amico Enrico Letta
oggi mi chiama direttamente in causa, penso sia doveroso da parte mia uscire dall’amaro riserbo di queste ore e dire poche cose. Io non so cosa voglia in questo momento Grillo. Ho visto superficialmente la proposta di riforma elettorale del Movimento 5 Stelle e mi sembra forse peggiore del Porcellum. Solo qualche giorno fa lo stesso Grillo ha detto che a questo punto è meglio tornare a votare con l’attuale legge elettorale. Sì, bene, questo è vero. Ma non è tutto. Io penso che in politica, al di là delle dichiarazioni (sono anni che inseguiamo dichiarazioni roboanti sulla volontà di cancellare il Porcellum), delle buone o delle cattive intenzioni, contano i fatti. Ed i fatti purtroppo parlano chiaro: quando più di quattro mesi fa 100 deputati di quasi tutti i gruppi misero a disposizione del Parlamento la possibilità di passare dalle parole ai fatti, cioè di cancellare il Porcellum, Letta chiese al Pd di votare contro quella mozione, ponendo
sostanzialmente una questione di fiducia; il Pd si sottomise a quella richiesta e quella mozione fu votata solo da Sel, dal Movimento 5 stelle, dal deputato PDL Martino e dal sottoscritto. Questi sono i fatti. Avrei tanto voluto che i fatti stessero in altro modo. Oggi non saremmo in queste condizioni ed in questa trappola. Oggi Enrico, per replicare a Grillo, spiega che il Pd non era contro nel
merito ma sul metodo. Mi viene da sorridere: l’accusa sarebbe quella che 4 mesi fa occuparsi di legge di salvaguardia sarebbe stata
un’accelerazione impropria visto l’avvio del percorso delle riforme
istituzionali. A prescindere da ogni valutazione sul concetto di
accelerazione, dopo anni in cui si chiacchiera inutilmente di abolizione
del Porcellum, anche in questo caso parlano i fatti. Stoppare quella
iniziativa è servito solo a farci trovare nell’attuale situazione
d’impasse. Oggi tutti mi spiegano che per cambiare il Porcellum non ci
sarebbero i numeri e che quindi si potrà fare solo qualche correzione
(legata ai possibili interventi della Corte Costituzionale) e quindi,
addirittura, peggiorare l’attuale legge elettorale. Non so se sarà così
ma certamente questo ragionamento vale per l’oggi. Il 28 maggio vi erano le condizioni per farlo e se non lo si è fatto è perché Letta, Franceschini, Finocchiaro e vertici del PD non hanno voluto. La conseguenza, temo di non sbagliarmi, è che torneremo a votare con questa legge o con una peggiore senza aver per lo meno garantito quello che tutti gli italiani si attendono: scegliere i propri rappresentanti. Ed i primi responsabili di questo siamo noi. Occorre dirlo.
Un’ultima
osservazione. A sentire il Presidente del Consiglio sembrerebbe che al
Senato sia imminente l’approvazione di un testo di riforma della legge
elettorale su cui vi sarebbe una sorta di largo accordo. Temo che abbia
informazioni sbagliate. A due mesi dallo scippo del dibattito da parte
del Senato stiamo ancora in alto mare. Anzi nei prossimi giorni ci è
stato annunciato che avremo un “pillolario”, cioè una serie di punti su
cui verificare convergenze. Ancora lontano appare un testo vero sul
quale magari votare. Cioè siamo più o meno al punto di partenza. Una
fotografia molto simile a quella che abbiamo visto nello scorcio della
precedente legislatura.
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