sabato 12 gennaio 2008

Macerie, sassi e pietre miliari.

di Filippo Di Giorgio

In occasione del recente dibattito sulla mozione di sfiducia al Sindaco Prestifilippo, il consigliere Fioriglio, in un apprezzabile quanto inascoltato passaggio del suo discorso, invitava tutti i componenti del civico consesso ad operare per apporre pietre miliari nella storia politica comunale, e non limitarsi a lanciare sassi.
Dopo aver visto le macerie che ricoprono le due chiese del nostro sventurato (e sventrato) centro storico, credo che l’invito del consigliere Fioriglio acquisti un pregio particolare, soprattutto se si considera che il cedimento delle strutture murarie delle parrocchie dell’Itria e di Santa Veneranda non è un evento eccezionale ed imprevedibile, ma si inserisce piuttosto in un contesto di incuria oramai cristallizzato.
Pur tuttavia, per spirito di obiettività, non posso esimermi dal rilevare che ogni azione critica scadrebbe nella più inutile delle pedanterie se si accusasse l’attuale amministrazione di essere la causa esclusiva di questi incredibili disastri.
Certo, chi scrive aveva già previsto che al termine della Giunta Prestifilippo il nostro Paese sarebbe divenuto un cumulo di macerie (basti leggere la riflessione dal titolo “Maurizio Prestifilippo: ritratto di un prestigiatore”, dove peraltro era stata preconizzata, con largo anticipo, anche la battuta d’arresto della mozione di sfiducia), ma il processo di degrado di Piazza Armerina non si è certo determinato solo in questi (quasi) quattro anni di non - governo.
Piuttosto, esso affonda le radici in tempi più remoti.
Ed infatti, non credo di essere lontano dal vero se affermo che le origini di questo disastro si collegano all’inerzia di quei celebrati politici degli “anni 80”, i quali non solo non si posero affatto il problema del recupero del centro storico, ma anzi si disinteressarono apertamente della tutela delle nostre bellezze paesaggistiche ed architettoniche, preferendo piuttosto la cementificazione selvaggia e, con essa, anche lo scempio più feroce della città d’arte per eccellenza.
Tanto per citare qualche esempio, non credo che durante quegli anni occorresse uno studio scientifico complesso per rendersi conto che l’acquedotto nel centro storico era un colabrodo; che la stabilità dei molti importanti monumenti era non poco precaria; che la costruzione di edifici attorno alla bellissima chiesa di S. Andrea aveva determinato un terrificante impatto ambientale; che persino le opere di decoro urbano progettate (prima fra tutte Piazza Marescalchi) avrebbero reso orripilante la parte moderna della nostra città; che orde di predoni stavano rubando, e continuano a rubare indisturbati, i pezzi più pregiati del nostro patrimonio artistico.
La Giunta Prestifilippo però, pur avendo delle responsabilità tutto sommato marginali in questo processo insostenibile di decadenza, non è destinata ad aprire una nuova fase di tutela e di recupero del nostro patrimonio artistico, ma piuttosto a chiuderne, disastrosamente, un’altra: quella della gestione velleitaria della contingenza.
In altri termini, trovo che sia assai scadente un’azione di governo che si nutre – solo ed esclusivamente - della speranza dell’approvazione di una legge speciale per il recupero del centro storico, facendo leva, volta per volta, sull’onda emotiva determinata dai crolli o dai furti delle opere d’arte.
Ma ancora, e più in generale, ritengo che sia non poco fallace una prospettiva politica che si affida al misericordioso aiuto dell’alta (si fa per dire) politica di Roma o Palermo, senza curarsi del fatto che la legislazione finanziaria ha già messo nelle mani degli stessi Comuni delle risorse da utilizzare per il recupero dell’arte.
Non nutro dubbi, invece, sul fatto che ogni cittadino non si opporrebbe a pagare delle nuove imposte per finanziare delle attività di consolidamento delle Chiese nel centro storico, per recuperare le decine di opere d’arte cadute nell’oblio, per rendere le opere di arredo urbano continuazione e sviluppo del nostro grande passato, e non più espressione di un presente miserabile e di un futuro ancora indefinibile.
La finanziaria dell’anno 2007 aveva concesso questa possibilità ai Comuni, come già diverso tempo fa chi scrive si permise di ricordare (vedasi Report, periodico siciliano di informazione, n. 31 del 04/08/2007, dove si accennava all’imposta di scopo), sperando che la classe politica potesse raccogliere un utile invito; a distanza di mesi nulla è stato fatto e ritengo che nulla potrà essere fatto anche nell’immediato futuro.
Dovremo attendere pazientemente questi 14 mesi che passano invano, con i problemi perniciosi di sempre e con il primo cittadino che continuerà ad esibire i suoi divertenti ma inutili giochi di prestigio, che costituiscono la somma manifestazione dell’impotenza amministrativa che ha messo in ginocchio la nostra economia.
Malgrado tutto, però, iniziamo ad essere ottimisti.
E affermiamo ciò in quanto iniziamo ad intravedere nella gente un nuovo e vigoroso spirito di iniziativa, cui si affianca una consapevolezza delle potenzialità creative della nostra terra che non si nutre più del falso mito della misericordia palermitana o romana, ovvero degli improduttivi richiami mediatici di Vittorio Sgarbi.
La gente ha voglia di investire sé stessa nel territorio, di pianificare il proprio futuro, di rendersi pienamente artefice del proprio destino, e per questo invoca a gran voce delle scelte coraggiose che questa amministrazione non può fare, ma non per cattiveria o cinismo politico, ma per scarsa consapevolezza degli strumenti gestionali che l’ordinamento giuridico le ha affidato.
Perciò ben venga una legge speciale per il recupero del centro storico di Piazza Armerina.
Ma nell’attesa che ciò avvenga – se mai avverrà - la comunità piazzese non può che invitare le istituzioni locali ad attivare quegli istituti giuridici che consentono già oggi di iniziare ad invertire questo trend negativo, e posare piuttosto sulla nostra terra quelle pietre miliari cui faceva riferimento, nel suo saggio discorso del 21/12/2007, il Consigliere Basilio Fioriglio.
Piazza Armerina, 07/01/2007
Filippo Andrea Di Giorgio
Associazione “Emanuele e Leopoldo Notarbartolo”


Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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