venerdì 7 agosto 2009

Don Luigi Sturzo meridionalista militante

di Mons. Michele Pennisi
Cinquant'anni fa moriva don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare Italiano, partito con forte impronta meridionalista, con il quale i cattolici si inserirono nella vita politica nazionale. In don Luigi, meridionalista militante fin dalla prima ora , lo sviluppo del Sud occupa una posizione centrale nel suo impegno pastorale e politico. Egli analizzò la questione meridionale non con paraocchi ideologici, ma inserita nel suo quadro storico . Sturzo cominciò ad affermarsi come meridionalista con un articolo che prese il titolo dal noto libro di Nitti «Nord e Sud». Egli nel Congresso cattolico di Bologna del 1903 collegò «la questione cattolica» con la «questione meridionale» intesa come una «questione nazionale». Lo sviluppo del Sud fu al centro del discorso pronunciato da Sturzo a Napoli nel 1917, in occasione del convegno «per gli interessi del Mezzogiorno». Egli sostenne che le «le libere e forti energie» delle popolazioni meridionali dovevano rendersi protagoniste del proprio riscatto attraverso la partecipazione attiva alla vita politica e al processo produttivo. Il culmine della esperienza meridionalista di Sturzo è costituito dal discorso di Napoli del 18 gennaio 1923 nel quale egli illustra in modo organico la sua interpretazione della questione meridionale. Egli prende le distanze da un certo meridionalismo «piagnone», sostenendo che i problemi del Sud non possono essere risolti con un assistenzialismo governativo piovuto dall'alto e con una politica clientelare che tende a dare risposte parziali e contraddittorie, ma vanno risolti collegando il problema del Mezzogiorno ai più generali problemi della comunità nazionale e internazionale. Mentre il Nord doveva gravitare verso l' Europa centro-orientale, lo sviluppo del Mezzogiorno doveva basarsi su una politica “orientata al bacino mediterraneo, cioè atta a creare al Mezzogiorno un hinterland che va dall'Africa del Nord all'Albania, dalla Spagna all'Asia Minore”. Per il sacerdote calatino il problema del Mezzogiorno è un problema complesso di natura non solo economica e politica, ma anche culturale e morale che deve investire, in una visione di largo respiro e a lunga scadenza, tutte le energie delle popolazioni meridionali e della «nazione» italiana in una prospettiva aperta alla speranza. Sturzo riprese la sua battaglia meridionalista dopo il lungo esilio . Per la soluzione della questione meridionale egli auspicava che, nell’ambito di una economia nazionale “una e solidale”, nella programmazione economica si partisse da premesse storiche, antropologiche e sociologiche basate su un’analisi attenta del territorio che tenesse conto della società civile e che collegasse l’agricoltura ai commerci, l’industria all’artigianato, la pesca al turismo.
A don Luigi Sturzo, non ostante alcuni limiti della sua impostazione, andrebbe riconosciuto il merito di avere fra i primi, profeta inascoltato, gridato in difesa dell'ambiente , di avere denunciato il pericolo di creare mega impianti industriali inquinanti come “cattedrali nel deserto” e di avere lottato contro quelle che , con una reminiscenza dantesca, egli chiama le tre «male bestie» che inquinavano anche l'ambiente umano : lo statalismo, la partitocrazia, l’abuso del denaro pubblico. Don Sturzo , che già agli inizi del secolo scorso aveva denunciato la presenza negativa del fenomeno mafioso, alla fine degli anni ’50 sostiene che per combattere le varie mafie non basta superare il sottosviluppo economico , ma è necessario anche uno sviluppo culturale, morale e religioso. Nel marzo 1959, alcuni mesi prima della morte , in un “Appello ai Siciliani” scriveva che per un autentico sviluppo bisognava puntare sull'educazione delle nuove generazioni con “scuole serie, scuole importanti, scuole numerose, scuole che insegnano anche senza dare diplomi, al posto di scuole che danno diplomi e certificati fasulli a ragazzi senza cultura”. Nello stesso articolo mette in evidenza anche i difetti dell’ambiente nel quale il ”provincialismo, la limitatezza dei mezzi, la sfiducia reciproca, la critica dei fannulloni, l’oppressione dei mafiosi, l’intrigo dei profittatori rendono difficili le iniziative e contestabili i piani audaci e generosi”. Certo il suo progetto per lo sviluppo del Mezzogiorno fondato sul protagonismo delle popolazioni meridionali disposte a rischiare, in un mondo globalizzato e in un contesto stocico-culturale in cui ha dominato una politica assistenzialistica e clientelare e lo scetticismo sulle possibilità di una ripresa autopropulsiva del Mezzogiorno, il progetto sturziano di “un nuovo Risorgimento” sembra difficile. Ma la centralità che sta riprendendo l'area mediterranea nell’economia mondiale con lo spostamento del baricentro dagli USA a paesi come l’India e la Cina e con il ruolo che nel terzo millennio giocherà l’Africa, la necessità di nuove regole etiche nell’economia dopo la crisi finanziaria dei nostri giorni e la ripresa in Italia del dibattito sul federalismo fiscale nell’ambito di una solidarietà nazionale, ci dicono che alcune intuizioni di Sturzo rimangono ancora valide. Riconoscere la validità del contributo di don Luigi Sturzo alla soluzione delle questioni meridionali, non significa riproporle meccanicamente , ma ispirarsi al suo insegnamento per trovarne di nuove . Il meridionalismo di don Luigi Sturzo, attento al territorio, si inserisce nella sua concezione autonomistica concepita non solo in chiave economico-politica in funzione di motivazioni contingenti. Esso scaturisce da una profonda esigenza etico-religiosa basata su un’antropologia sociale ispirata ai principi della sussidiarietà, della solidarietà e del bene comune propugnati dalla dottrina sociale della Chiesa e ripresi anche nell'ultima enciclica“Caritas in Veritate” su uno sviluppo umano integrale.
Michele Pennisi
Vescovo di Piazza Armerina, Presidente della Commissione storica per la beatificazione di don Luigi Sturzo

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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