venerdì 29 ottobre 2010

interessante

Giorgio Galli: "All'Italia serve un trauma che risvegli le sue energie migliori: la fine del berlusconismo"

Professor Galli, partiamo dal cosiddetto Lodo Alfano. Cosa ne pensa?
“Prima di tutto non è giusto parlare di Lodo come fanno tutti i giornali ma di legge costituzionale proposta dai berlusconiani e quindi 'non al di sopra delle parti'. Si parla di Lodo come se fossimo davanti a una entità al di sopra di tutto, quando invece si tratta di una normativa proposta da uno schieramento”.
Parliamo di una situazione che in Europa è rapportabile ad altre o di un caso particolare?
“Ci riferiamo a una situazione particolare, anche se spesso si cita come esempio la Francia: lì però si parla del Capo dello Stato".

Ammesso che si raggiunga un accordo sulla non reiterabilità e passi il Lodo, durerà l’intesa tra berlusconiani e Fini?
"Anche se non si stabilirà la reiterabilità (senza la quale Berlusconi godrebbe di uno scudo molto limitato) e i finiani voteranno a favore, vedo difficile la convivenza. Difficile superare certe differenze di fondo. Credo, del resto, che la strategia di Fini sia quella di guadagnare tempo. Lui preferisce elezioni non immediate, non abbinate alle amministrative di primavera che ci saranno a Milano, Bologna, Torino e Napoli (la cui scadenza naturale è fissata a maggio ma potrebbero essere anticipate a marzo per consentirne lo svolgimento insieme alle eventuali elezioni politiche). Una soluzione favorevole a Berlusconi che, tradizionalmente, ottiene risultati migliori alle politiche rispetto alle amministrative”.
Passato questo periodo anche Fini sceglierà di andare ad elezioni anticipate?
“Credo di sì, anche se c’è sempre il problema decisivo della modifica della legge elettorale. Con questa normativa con premio di maggioranza le possibilità di Berlusconi (alleato con la Lega) di vincerle sarebbero davvero elevate. Fini e le opposizioni hanno interesse ad andare ad elezioni con un nuovo sistema elettorale”.
I finiani possono recuperare elettori dal Pdl e dalla Lega continuando a caratterizzarsi su moralizzazione e legalità?
“Sì, è possibile che recuperino voti in questa direzione, ma - ripeto - è necessario che la competizione avvenga con nuove regole. Perché con questa situazione il Pdl e Bossi raggiungerebbero una percentuale tale da far scattare a loro favore il premio di maggioranza”.
Secondo lei Fini rappresenta il futuro della destra o è una meteora destinata a spegnersi?
“Che sia destinato a spegnersi non lo penso. Quella che lui propone è una destra liberale di tipo europeo, quella rappresentata in Italia, un tempo, dal partito liberale storico che nella prima Repubblica ha avuto percentuali varianti tra il 4 e il 7 per cento. Una percentuale tale da non consentire di esercitare una funzione determinante nello scenario politico. Fini ha annunciato che non vuole fare una piccola An ma una grande destra liberale, ma quel tipo di destra ha sempre avuto da noi uno scarso peso. Quindi non sarà una meteora, perché anche con il 7 per cento avrà un peso importante, ma rischia di non riuscire a realizzare il tipo di progetto che ha in mente"
E se ci riuscisse?
" Se il progetto di costruire una destra di tal tipo, con risultati elettorali determinanti, dovesse avverarsi, significherebbe che l’Italia ha fatto un salto culturale decisivo”.
Da una parte abbiamo una maggioranza assorbita dalla ricerca di soluzioni ai problemi del premier, dall’altra un'opposizione divisa. In mezzo c’è il Paese con i problemi della gente e delle imprese. Secondo lei come si esce da questa empasse: basterà una nuova legge elettorale per creare una nuova classe dirigente?
“Sicuramente non basterà una nuova legge elettorale. La società italiana, imprese e lavoratori compresi, credo abbia dato il meglio di sé dopo qualche trauma. Non per nulla l’Italia moderna è nata nel 1945 dopo la guerra mondiale, il fascismo e la sconfitta. Questo trauma ha messo in moto le nostre energie migliori e, verso gli anni '60, sono nate le nuove classi dirigenti. Sotto il profilo politico erano gli antifascisti, ma in realtà furono mobilitate energie che riguardavano tutta la società italiana. Uno dei periodi abbastanza rari nella nostra storia di dinamismo anche degli imprenditori. L’imprenditoria italiana non è mai stata, infatti, ai massimi livelli di dinamismo ed efficienza, ma dopo la sconfitta lo fu per una ventina d'anni. Se la società italiana attraversasse un nuovo trauma, probabilmente, svilupperebbe energie per una nuova classe dirigente politica e un nuovo dinamismo degli intellettuali, degli imprenditori, della società nel suo complesso
Ma quale potrebbe essere questo trauma?
“Il trauma, dal mio punto di vista, potrebbe consistere nel tramonto del berlusconismo. Bisogna vedere se avverrà”.
"Il Caimano", il film di Moretti, proponeva, a questo proposito, un inquietante epilogo, con scontri tra fazioni opposte e auto in fiamme. Lei ha paura che il berlusconismo, messo alle strette, possa sfociare in qualcosa di violento e pericoloso per la democrazia? La cosa potrebbe, in tal caso, diventare davvero traumatica, non crede?
“Io mi auguro un evento di media portata, che non sia così traumatico come quello della guerra e del fascismo con la sua grande esplosione di violenza. Mi auguro un trauma senza o con un minimo di violenza che abbia la caratteristica di chiudere un periodo e mettere in moto energie sane”.

Veniamo alla sinistra: lei concepisce oggi la possibilità di una sinistra unita, visto che lo schieramento potrebbe andare dagli ex democristiani a Vendola, Ferrero e Diliberto?
“Sinceramente a me sembra difficile che questi possano stare tutti insieme in un nuovo soggetto politico. Già non ha funzionato il pd che ha cercato di mettere insieme il vecchio Pci e la sinistra democristiana, e che in certi momenti parlava di un Pantheon in cui far coesistere Gramsci e De Gasperi, quindi figurarsi se lo considero possibile. Potrebbe invece essere possibile un raggruppamento della sinistra tradizionale da una parte e, dall’altra, un raggruppamento comprendente Fini, la sua nuova destra europea e l’area della Udc con Rutelli e Tabacci. In pratica un terzo polo di ispirazione liberal-europea”.
Sarebbe però il presupposto per la fine del bipolarismo.
“No, non credo. Perché in questo schieramento potrebbe confluire parte dell’elettorato che adesso vota per il Popolo delle Libertà. Quello moderato e conservatore, su cui punta anche la destra di tipo europeo che non è eversiva e non stravolge la divisione dei poteri. Dall’altra parte servirebbe un partito capace di riorganizzare la sinistra tradizionale, che, in tutta Europa, è di derivazione social democratica. Il modello rimarrebbe bipolare ma risulterebbe più fruttuoso di altri tentativi fatti in questi anni”.
Per la sinistra c’è anche un problema di leader?
“C’è certamente un problema di leader e di nuova classe dirigente. L’attuale leadership del Partito democratico, salvo apporti di alcune personalità della vecchia sinistra Dc, è sostanzialmente basata sul gruppo del vecchio Pci che si è formato nel comunismo ed ha un complesso di colpa (quasi si vergogna) per la sua storia o l’ha rimossa. Quindi c’è il problema non tanto di trovare un leader-persona, quanto di creare un gruppo dirigente nuovo e con altra apertura culturale”.
28 ottobre 2010

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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