La clausola del reintegro è l’unica difesa per il lavoratore per impedire di essere licenziato in qualsiasi momento dal padrone che trova il pretesto della crisi per il licenziamento economico o che discrimina chi non è succube ai diktat dell’azienda.
Ma i casi di reintegro che il governo cita sono solo una presa in giro:ci vogliono prendere per scemi?
Infatti il reintegro nel licenziamento economico individuale consiste in casi irrealizzabili; lo stesso Monti ha dichiarato il reintegro “riferito a casi molto estremi ed improbabili”. Quali sono infatti ?:
1. quando vi sia la «manifesta insussistenza» del fatto addotto dal datore di lavoro. Ma come farebbe il giudice a dimostrare l’insussistenza, se la libertà di gestione economica dell' imprenditore è il tabù sacro del mondo liberista?;
2. quando il licenziamento è “discriminatorio”. Ma i licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, Costituzione italiana o internazionale e queste non hanno mai agito per la semplice ragione che nessun datore di lavoro è così fesso da licenziare adducendo ragioni esplicite di discriminazione personale, ideologica, razziale, di fede religiosa, di appartenenza ad un sindacato, di lingua o di sesso, di handicap, di età;
3. resta il caso del licenziamento disciplinare, ma il giudice “può” reintegrare solo se a) il fatto imputato non sussiste; b) se il lavoratore non lo ha commesso; c) se il contratto prevede che sia punito con una sanzione minore. Vale a dire che - confermano i dati statistici- solo per il 90%, nonostante l’ingiustificato motivo, scatterà il solo indennizzo.
Sotto la maschera, la verità è che l’art. 18 senza il reintegro è solo una pistola scarica e di fatto viene abolito dall’indennizzo. E così, senza la garanzia del posto di lavoro, anche quei nostri diritti ancora residui sono sotto ricatto.
La precarietà viene di fatto confermata ed estesa
Ci vogliono trentasei mesi di lavoro precario prima di cercare di ottenere l’assunzione a tempo indeterminato. Il primo contratto a termine e il primo interinale di sei mesi sono stati liberalizzati: cioè è stato tolto l’obbligo di motivazione, vanificando così tutte le vertenze finora vinte contro l’utilizzo pretestuoso e illegittimo dei contratti a termine e atipici.
La flessibilità del lavoro riduce l’occupazione ed aumenta la disoccupazione: anche la legge 30 “Biagi” era stata approvata con il pretesto di avere più occupazione e meno precarietà e gli esiti disastrosi sono ora sotto gli occhi di tutti.
Sotto mira anche gli ammortizzatori sociali e i licenziamenti collettivi
Vogliono togliere in un colpo solo cassa integrazione straordinaria, cassa in deroga e mobilità, sostituendo con una indennità di disoccupazione di un anno per chi ha meno di 55 anni e e di un anno e mezzo per gli ultra55enni (oggi è di 8 mesi sotto i 50 anni, 12 mesi per gli over 50). I conti sono presto fatti: 12 o al massimo 18 mesi di copertura contro gli attuali 12, 24, 36 o 48 (al sud) mesi di copertura della mobilità attuale che oggi puo’ essere preceduta da cigs, ma domani non lo sarà più.
Questo significa aprire la strada a centinaia di migliaia di licenziamenti collettivi senza possibilità per tanti senza trovare nè un altro lavoro né andare in pensione.
CONTRO QUESTA MANOVRA NON BASTANO AGGIUSTAMENTI E RITOCCHI: E’ L’INTERA “RIFORMA DEL LAVORO” CHE VA RISPEDITA AL MITTENTE, GOVERNO MONTI E SUOI COMPLICI
Luigi Bascetta
Cordinatore provinciale COBAS
Ma i casi di reintegro che il governo cita sono solo una presa in giro:ci vogliono prendere per scemi?
Infatti il reintegro nel licenziamento economico individuale consiste in casi irrealizzabili; lo stesso Monti ha dichiarato il reintegro “riferito a casi molto estremi ed improbabili”. Quali sono infatti ?:
1. quando vi sia la «manifesta insussistenza» del fatto addotto dal datore di lavoro. Ma come farebbe il giudice a dimostrare l’insussistenza, se la libertà di gestione economica dell' imprenditore è il tabù sacro del mondo liberista?;
2. quando il licenziamento è “discriminatorio”. Ma i licenziamenti discriminatori sono vietati già oggi da qualsiasi convenzione, legge, Costituzione italiana o internazionale e queste non hanno mai agito per la semplice ragione che nessun datore di lavoro è così fesso da licenziare adducendo ragioni esplicite di discriminazione personale, ideologica, razziale, di fede religiosa, di appartenenza ad un sindacato, di lingua o di sesso, di handicap, di età;
3. resta il caso del licenziamento disciplinare, ma il giudice “può” reintegrare solo se a) il fatto imputato non sussiste; b) se il lavoratore non lo ha commesso; c) se il contratto prevede che sia punito con una sanzione minore. Vale a dire che - confermano i dati statistici- solo per il 90%, nonostante l’ingiustificato motivo, scatterà il solo indennizzo.
Sotto la maschera, la verità è che l’art. 18 senza il reintegro è solo una pistola scarica e di fatto viene abolito dall’indennizzo. E così, senza la garanzia del posto di lavoro, anche quei nostri diritti ancora residui sono sotto ricatto.
La precarietà viene di fatto confermata ed estesa
Ci vogliono trentasei mesi di lavoro precario prima di cercare di ottenere l’assunzione a tempo indeterminato. Il primo contratto a termine e il primo interinale di sei mesi sono stati liberalizzati: cioè è stato tolto l’obbligo di motivazione, vanificando così tutte le vertenze finora vinte contro l’utilizzo pretestuoso e illegittimo dei contratti a termine e atipici.
La flessibilità del lavoro riduce l’occupazione ed aumenta la disoccupazione: anche la legge 30 “Biagi” era stata approvata con il pretesto di avere più occupazione e meno precarietà e gli esiti disastrosi sono ora sotto gli occhi di tutti.
Sotto mira anche gli ammortizzatori sociali e i licenziamenti collettivi
Vogliono togliere in un colpo solo cassa integrazione straordinaria, cassa in deroga e mobilità, sostituendo con una indennità di disoccupazione di un anno per chi ha meno di 55 anni e e di un anno e mezzo per gli ultra55enni (oggi è di 8 mesi sotto i 50 anni, 12 mesi per gli over 50). I conti sono presto fatti: 12 o al massimo 18 mesi di copertura contro gli attuali 12, 24, 36 o 48 (al sud) mesi di copertura della mobilità attuale che oggi puo’ essere preceduta da cigs, ma domani non lo sarà più.
Questo significa aprire la strada a centinaia di migliaia di licenziamenti collettivi senza possibilità per tanti senza trovare nè un altro lavoro né andare in pensione.
CONTRO QUESTA MANOVRA NON BASTANO AGGIUSTAMENTI E RITOCCHI: E’ L’INTERA “RIFORMA DEL LAVORO” CHE VA RISPEDITA AL MITTENTE, GOVERNO MONTI E SUOI COMPLICI
Luigi Bascetta
Cordinatore provinciale COBAS