domenica 9 dicembre 2012

Rino Germanà, un eroe (vivo) piazzese!

di Agostino Sella
Oggi non vi voglio parlare delle solite, spesso inutili, "querelle" piazzesi.
Vi voglio parlare di mafia, anzi di antimafia, quella vera.
Vi voglio parlare di un piazzese che Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano e Leoluca Bagarella hanno tentato di uccidere, senza successo.
Se ci fossero riusciti, il 14 settembre di 20 anni fa, certamente Rino Germanà, sarebbe ricordato con un grande piazzese, un eroe che ha combattuto la mafia. 
Gli avremmo intitolato una grande piazza, una via, e almeno un cerimonia di ricordo all’anno.
Invece, fortunatamente, Rino l’ha fatta franca, ed è tra i pochissimi ad aver messo sotto scatto Bagarella e Mattia Messina Denaro che - peraltro - è ancora felicemente latitante.
Se Rino fosse morto sotto i colpi dei loro kalasnikow sarebbe già un eroe, ma che siccome è ancora vivo, non sarà chiamato eroe fino a quando non morirà.


Rino è figlio di Mario Germanà, fratello di mio nonno Antonino, e Teresa Pecora.
“Parra chiazzis, eppuru n’carcatu”. Basta sentirlo, nell'intervista in fondo alla pagina, che si capisce. 
Ha vissuto la sua giovinezza tra Piazza Armerina e Catania prima di sposarsi con Silvana e trasferirsi a Mazara del Vallo dov’era commissario di Polizia.

Per la verità, per qualche anno, verso la fine degli anni ’80 Rino Germanà era stato anche commissario della squadra mobile di Enna. 
Con lui, cugino in primo grado di mia madre, ricordo soprattutto la comune passione per la formula uno. 
Dopo la morte di mio nonno Antonino, da mia nonna Italia, insieme a sua padre "u zu Mariu", la domenica pomeriggio,  guardavamo insieme le gare due raidue con la telecronaca di Mario Poltronieri.
"U zu Mariu", quando la Ferrari non vinceva, se la prendeva sempre con Barrichello che chiamava simpaticamente "Barricello".

Il 14 settembre del 1992, oltre 20 anni addietro, Rino Germanà, percorreva il lungomare di Tonnarella, una spiaggia nei pressi di Mazara del Vallo.
In quella zona c’è la casa di sua moglie e di mia zia Franca, anche lei piazzese doc, ma sposata con un mazarese.
Rino era a bordo della sua panda bianca e tornava dal lavoro. Quando all’improvviso scorse dallo specchietto retrovisore un fucile puntato contro di lui che usciva dal finestrino della macchina che lo seguiva.

Rino, come nei film, uscì dalla sua auto e - correndo a più non posso sulla sabbia e tra i bagnanti - si tuffò in acqua. I killer proseguirono i loro spari cercando di colpire Rino che nel frattempo si nascondeva sott’acqua, nascondendosi e riapparendo, come un delfino. 
Fino a quando Bagarella e compagnia capirono che la cosa non era semplice, che quel poliziotto era un osso troppo duro, e andarono via. 

Rino Germanà era nella lista nera di Totò Riina. Aveva messo le mani nella marmellata della mafia. Stava indagando su Calogero Mannino, sui rapporti tra mafia e politica. Aveva trovato nuovi risvolti sull’omicidio Rostagno. Aveva scoperto traffici segreti legati agli affari della malavita. Era, anzi è, uno tosto. Al punto che Paolo Borsellino  lo voleva portare con lui a Palermo, ma non fece in tempo. 
Lo freddarono il 19 luglio di quel terribile anno. Intanto Germanà - sotto l'esempio di Paolo - continuava imperterrito a lavorava scoprendo gli altarini della mafia. 
Per questo Totò Riina aveva deciso di uccidere anche lui.

Immediatamente, il giorno dopo l’agguato di Tonnarella, Rino e la sua famiglia furono trasferiti, in altra sede, lontano dalla Sicilia e da Mazara. 
Per qualche anno, dopo le terribili stragi del ’92, viveva in luoghi sicuri, sotto scorta, lui e la sua famiglia. Dopo gli arresti di Riina e Bagarella quando la tensione si è allentata- Rino è tornato alla vita normale diventando questore prima di Forlì e oggi di Piacenza. 

Spesso torna a Piazza dove sono sepolti i suoi genitori, u “zu Mariu” e a "zè Teresa". 
Lo fa in incognito, insieme alle sue sorelle. 
Rino non è un tipo esibizionista, non ama le telecamere e gli onori della cronaca.
Ama i luoghi della sua infanzia ed è legato a Piazza dal suo “terribile” accento piazzese che ama non scrollarsi mai di dosso.
Qualche anno fa, ha vinto una sezione del premio Rocco Chinnici di Totò Roccaverde. 
Se Rino fosse morto, ogni anno, il 14 settembre lo avremmo ricordato. 
Avremmo parlato delle sue origini, della sua sagacia, del suo fiuto investigativo, della sua dedizione allo stato. 
Avremmo organizzato una cerimonia invitando politici a destra e manca. 

Ma Rino non è morto. E’ vivo. E a Piazza non lo conosce quasi nessuno.

Sarebbe bello organizzare qualcosa il 14 settembre di ogni anno. Sarebbe bello organizzarla lo stesso, anche se Rino è vivo. Potremmo ricordare insieme a lui gli uomini vivi che, ogni giorno, combattono la mafia ed i suoi sistemi, per far capire a tutti che vivere a testa alta e dire NO alla MAFIA è possibile. 

Perché dobbiamo eroi solo i morti e non i vivi?
Perché i vivi che sono sfuggiti alla morte non devono essere eroi?
Forse devono morire per essere riconosciuti tali?

Per me Rino è un eroe. Un eroe vivo.

Eppoi mi piacerebbe che Rino – anche se a lui ama apparire – fosse conosciuto di più dai piazzesi.

Mi piacerebbe che, come testimonia la lotta alla mafia nelle scuole del nord, lo facesse anche nelle scuole della sua città - raccontando ai ragazzi i luoghi e gli atteggiamenti in cui si annida la mafia e la cultura mafiosa.
Mi piacerebbe che tutti noi ascoltassimo Rino mentre parla.
A proposito, è da tanto che non lo sento.


ascolta una intervista di Rino Germanà a Radio Radicale in cui racconta tutta la vicenda
http://www.radioradicale.it/scheda/361774/intervista-della-giornalista-elvira-terranova-a-rino-germana

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Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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