Ascoltando e poi leggendo le testimonianze raccolte tra i migranti ospitati all'Ostello del Borgo che, grazie ai progetti Il Ponte sul Di-stretto (DAS)), SPRAR e RELAR, hanno ottenuto la possibilità di lavorare a Piazza Armerina, presso aziende private e per l'amministrazione comunale, si ha la come la sensazione che si siano buttati alle spalle il "viaggio" (così lo chiamano, "il Viaggio" con nome proprio, unico, definitivo). Quel viaggio che può portare solo alla fine della loro vita che fugge dalla morte sfidando la morte stessa. Possiamo definirlo in mille modi, è solo "il Viaggio", con tanti percorsi diversi, ma sempre uguale, che può durare tre mesi o un anno intero, ma sempre parte di un'unica grande epopea, la più grande del nostro tempo, anche diversa da qualsiasi altro viaggio che le storie di altre migrazioni possono descrivere: fuga da morte certa e dolorosa. Tra i tanti scritti sull'immigrazione
C'è un romanzo molto bello che ne parla, "Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella, che, a dispetto della storia che racconta, grave e dolorosa e con un finale tragico, ha un titolo leggero e in copertina le ali di una farfalla. Chi ha letto quel libro, come ha detto Roberto Saviano, "ha la sensazione che quelle pagine lo abbiano cambiato". Ecco, le voci di questi giovani che abbiamo cercato di riportare nel miglior modo possibile, sono a tratti lievi come ali di farfalla, e se leggerete qui di seguito la testimonianza di uno di loro scelto tra i tanti, senza dimenticare che anche se le loro voci non lo raccontano c'è quel Viaggio, nemmeno accennato, ma presente in ogni frase di tutte le loro storie, capirete che non sono racconti di rassegnazione, ma di paura, paura che non permette di avere più paura, a partire da quel viaggio che supera ogni paura perché dietro c'è il terrore. Capirete perché il Viaggio non può essere raccontato, e se qualcuno lo ha fatto è solo perché quel viaggio lo ha dovuto raccontare per forza. Quindi non è un caso se la maggior parte delle loro storie inizia dall'approdo: sono arrivato in Italia il… a ..., e poi sono arrivato qui, e lo senti che quegli occhi e quelle mani dicono anche quello che la voce non vuole dire: Io qui e ora sono nato, qui e ora posso pensare, e posso finalmente dimenticare i pensieri. Qui e ora posso parlare, o non parlare affatto. Posso provare sentimenti e anche solo dormire, mangiare, non dormire e non mangiare, posso sperare di essere libero, posso sperare … e non ho più paura.Tiegbe,tra gli altri ospiti dell'Ostello del Borgo, ha così raccontato la sua esperienza, a partire dall'approdo, a finire con la certezza che il lavoro ha migliorato la sua condizione e che è vita e speranza dopo la terribile fuga.
C'è un romanzo molto bello che ne parla, "Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella, che, a dispetto della storia che racconta, grave e dolorosa e con un finale tragico, ha un titolo leggero e in copertina le ali di una farfalla. Chi ha letto quel libro, come ha detto Roberto Saviano, "ha la sensazione che quelle pagine lo abbiano cambiato". Ecco, le voci di questi giovani che abbiamo cercato di riportare nel miglior modo possibile, sono a tratti lievi come ali di farfalla, e se leggerete qui di seguito la testimonianza di uno di loro scelto tra i tanti, senza dimenticare che anche se le loro voci non lo raccontano c'è quel Viaggio, nemmeno accennato, ma presente in ogni frase di tutte le loro storie, capirete che non sono racconti di rassegnazione, ma di paura, paura che non permette di avere più paura, a partire da quel viaggio che supera ogni paura perché dietro c'è il terrore. Capirete perché il Viaggio non può essere raccontato, e se qualcuno lo ha fatto è solo perché quel viaggio lo ha dovuto raccontare per forza. Quindi non è un caso se la maggior parte delle loro storie inizia dall'approdo: sono arrivato in Italia il… a ..., e poi sono arrivato qui, e lo senti che quegli occhi e quelle mani dicono anche quello che la voce non vuole dire: Io qui e ora sono nato, qui e ora posso pensare, e posso finalmente dimenticare i pensieri. Qui e ora posso parlare, o non parlare affatto. Posso provare sentimenti e anche solo dormire, mangiare, non dormire e non mangiare, posso sperare di essere libero, posso sperare … e non ho più paura.Tiegbe,tra gli altri ospiti dell'Ostello del Borgo, ha così raccontato la sua esperienza, a partire dall'approdo, a finire con la certezza che il lavoro ha migliorato la sua condizione e che è vita e speranza dopo la terribile fuga.
Tiegbe proveniene dalla Costa d'Avorio. Ha lavorato grazie al supporto del Progetto Il Ponte sul Di-stretto (DAS)E' arrivato in Italia a ottobre 2013 dalla Costa d'Avorio, e trasferito all'Ostello del Borgo lo scorso febbraio. Grazie al progetto finanziato da Fondazione CON IL SUD , ha lavorato per 4 mesi, da maggio a settembre scorsi, per 6 ore al giorno alla "Vecchia Masseria", un'azienda agricola con annesso agriturismo. E' stato impiegato come agricoltore, occupandosi di diserbatura, potatura, raccolta del pomodoro e di tante altre necessità dell'azienda. Nella stessa Azienda, grazie alla disponibilità del proprietario, ha lavorato un altro ragazzo proveniente dalla Costa d'Avorio: Issa. Hanno lavorato sempre insieme, e con altri italiani: "mi sono trovato molto bene" – dice – "mi hanno trattato bene e ho conosciuto brava gente, Mi spiegavano tutto con pazienza, e questo ha fatto si ché potessi svolgere bene il mio lavoro, e mi ha dato molta soddisfazione, così come mi ha dato tantqa soddisfazione ricevere i complimenti per la rapidità con la quale ho imparato a capire la lingua italiana e a farmi capire. Infatti tutti dicevano che sono molto bravo anche se sono qui solo da un anno! Per Tiegbe è stata una novità il lavoro in campagna, non avendolo mai fatto, nemmeno nel suo paese di origine. Dice di essere felice, perché è tranquillo: senza il lavoro pensava troppo a tanti problemi. Si sente integrato trattato bene, anche all'Ostello, dove vive., dove ha imparato in questi mesi a conoscere tutti e come comportarsi in una civiltà diversa. Tiegbe ha ottenuto la protezione umanitaria per 5 anni. "Samantha (responsabile Amministrativo e legale dello SPRAR) sta cercando altri progetti per me, per altri lavori. Mi piacerebbe restare in Italia, non so se sarà possibile."
Loredana La Malfa
Testimonianza raccolta da Gabriella Giunta