mercoledì 24 dicembre 2014

La speranza dopo la fuga. Il sogno di Tiegbe


Ascoltando e poi leggendo le testimonianze raccolte  tra i migranti ospitati all'Ostello del Borgo che, grazie ai progetti Il Ponte sul Di-stretto (DAS)), SPRAR e RELAR, hanno ottenuto la possibilità di lavorare a Piazza Armerina, presso aziende private e per l'amministrazione comunale, si ha la come la sensazione che si siano buttati alle spalle il "viaggio" (così  lo chiamano, "il Viaggio" con nome proprio, unico, definitivo). Quel viaggio che può portare solo alla fine della loro vita che fugge dalla morte sfidando la morte stessa. Possiamo definirlo in mille modi, è solo "il Viaggio", con tanti percorsi diversi, ma sempre uguale, che può durare tre mesi o un anno intero, ma sempre parte di un'unica grande epopea, la più grande del nostro tempo, anche diversa da qualsiasi altro viaggio che le storie di altre migrazioni possono descrivere: fuga da morte certa e dolorosa. Tra i tanti scritti sull'immigrazione
C'è un romanzo molto bello che ne parla, "Non dirmi che hai paura" di Giuseppe Catozzella, che,  a dispetto della storia che racconta, grave e  dolorosa e con un finale tragico, ha un titolo leggero e in copertina le ali di una farfalla. Chi ha letto quel libro, come ha detto Roberto Saviano, "ha la sensazione che quelle pagine lo abbiano cambiato". Ecco, le voci di questi giovani che abbiamo cercato di riportare nel miglior modo possibile, sono a tratti lievi come ali di farfalla, e se leggerete qui di seguito la testimonianza di  uno di loro  scelto tra i tanti, senza dimenticare  che anche se le loro voci non lo raccontano c'è quel Viaggio, nemmeno accennato, ma  presente in ogni frase  di tutte le loro storie, capirete che  non sono racconti di rassegnazione, ma di paura, paura che non permette di avere più paura, a partire da quel viaggio che supera ogni paura perché dietro c'è il terrore.  Capirete perché il Viaggio non può essere raccontato, e se qualcuno lo ha fatto è solo perché quel  viaggio lo ha dovuto raccontare per forza. Quindi  non è un caso se la maggior parte delle loro storie inizia dall'approdo: sono arrivato in Italia il… a ..., e poi sono arrivato qui, e lo senti che quegli occhi e quelle mani dicono anche quello che la voce non vuole dire: Io qui e ora sono nato, qui e ora posso pensare, e posso finalmente dimenticare i pensieri. Qui e ora  posso parlare, o non parlare affatto. Posso provare sentimenti e anche solo  dormire, mangiare, non dormire e non mangiare, posso sperare di essere libero, posso sperare …  e non ho più paura.Tiegbe,tra gli altri ospiti dell'Ostello del Borgo,   ha così raccontato la sua esperienza, a partire dall'approdo, a finire con la certezza che il lavoro ha migliorato la sua condizione e che è vita e speranza dopo la terribile fuga.


Tiegbe proveniene dalla Costa d'Avorio. Ha lavorato grazie al supporto del Progetto Il  Ponte sul Di-stretto (DAS)E' arrivato in Italia a ottobre 2013 dalla Costa d'Avorio, e trasferito all'Ostello del Borgo lo scorso  febbraio. Grazie al progetto finanziato da Fondazione CON IL SUD , ha lavorato per 4 mesi,  da maggio a settembre scorsi, per  6 ore al giorno alla "Vecchia Masseria", un'azienda agricola con annesso agriturismo. E' stato impiegato come agricoltore, occupandosi di diserbatura, potatura, raccolta del pomodoro e di tante altre necessità dell'azienda. Nella stessa Azienda, grazie alla disponibilità del proprietario, ha lavorato un altro ragazzo proveniente dalla Costa d'Avorio: Issa. Hanno lavorato sempre insieme, e con altri italiani: "mi sono trovato molto bene" – dice – "mi hanno trattato bene e ho conosciuto brava gente, Mi spiegavano tutto con pazienza, e questo ha fatto si ché potessi svolgere bene il mio lavoro, e mi ha dato molta soddisfazione, così come mi ha dato tantqa soddisfazione ricevere i complimenti per la rapidità con la quale ho imparato a capire la lingua italiana e a farmi capire. Infatti tutti dicevano che sono molto bravo anche se sono qui solo da un anno! Per   Tiegbe è stata una novità il lavoro in campagna, non avendolo mai fatto, nemmeno nel suo paese di origine. Dice di essere felice,  perché è tranquillo:  senza il lavoro pensava troppo a tanti problemi. Si sente integrato trattato bene, anche all'Ostello, dove vive., dove ha imparato in questi mesi a conoscere tutti e come comportarsi in una civiltà diversa.  Tiegbe   ha ottenuto  la protezione umanitaria per 5 anni. "Samantha (responsabile Amministrativo e legale dello SPRAR) sta cercando altri progetti per me, per altri lavori. Mi piacerebbe restare in Italia, non so se sarà possibile."

Loredana La Malfa
Testimonianza raccolta da Gabriella Giunta

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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