domenica 9 agosto 2009

La Venere cambierà nome. Da Venere di Morgantina a Venere di Palermo

di Angelo Gallotta
La Venere di Morgantina non tornerà a casa. In mancanza di una sede adatta ad ospitarla, il museo di Aidone è troppo piccolo, e per la disastrata condizione della rete viaria di collegamento intercomunale, il prezioso reperto finirà presso il museo archeologico di Palermo. L'allarme è lanciato dal deputato regionale Elio Galvagno, in occasione dell'incontro tenutosi nei giorni scorsi all'Università Kore di Enna con l'Assessore Regionale allo Sport e Turismo Nino Strano. Facendo tesoro del famoso detto napoletano secondo cui qui nisciuno è fesso, vediamo di chiarire i lati oscuri della vicenda e di capire perchè la Venere non approderà ai patrii lidi. Gli allarmi sono utili quando si possono mettere in moto i mezzi di difesa. Era utile l'allarme delle oche del Campidoglio quando i barbari cercavano di attaccare di sorpresa i romani. Nel nostro caso l'allarme più che tardivo sembra un preavviso a non farci illusioni. Mancano da otto a dieci mesi per il rientro della Venere, e solo adesso si accorgono che il museo di Aidone è troppo piccolo. Ma allora mettiamola nella ex chiesa di San Domenico, una struttura del quattrocento con una pregevole facciata in bugnato a punta di diamante, restaurata di recente e pronta per essere adibita a tale destinazione. Mancano le strade di collegamento? Ma se nessuno le ha mai fatte, per forza devono mancare e le strade non spuntano come funghi. Nonostante i tempi stretti non si evidenzia nessun preparativo; non si mettono in atto sistemi di sicurezza; non si parla di realizzazione di strade; anzi la cosa rimane avvolta nel più cupo silenzio tra l'indifferenza generalizzata. Va bene che per qualcuno meno se ne parla di queste cose e meglio è, ma la gente dovrebbe almeno avere elementi per potere fare le proprie riflessioni, così come avviene in una democrazia partecipata. E non mi riferisco solo alla comunità aidonese, ma mi riferisco soprattutto ai cittadini dei comuni viciniori tra cui Piazza Armerina, Valguarnera, Pergusa, Enna, che dispongono di strutture ricettive e di ristorazione e che quindi potrebbero trarre notevoli vantaggi in termini occupazionali e di sviluppo economico. Da non sottovalutare il fatto che l'evento potrebbe essere lo sponsor che potrebbe fare scoccare la scintilla per l'avvio di una attività turistica di cui da tempo se ne parla e mai si comincia. Secondo stime non ufficiali l'affluenza di turisti si dovrebbe aggirare, in un triennio, sui cinque milioni di presenze. Anche se il dato è poco attendibile, rimane il fatto che, a giudizio dello stesso Galvagno, il museo di Aidone non è abbastanza capiente; e la capienza ovviamente non si riferisce alla dimensione spaziale della statua, a cui bastano e avanzano pochi metri quadrati, ma per assorbire la massiccia affluenza di visitatori. In ogni caso il boccone è troppo ghiotto e qualcuno si è chiesto se valga la pena di lasciarlo nelle mani di chi ha sempre dato e mai ricevuto. La politica in Italia ci insegna che nessun accordo si fa e nessun accordo si distrugge se non c'è la volontà bipartisan; e la volontà è quella di trovare scuse per giustificare un provvedimento last minute per dirottare a Palermo la Venere. In poche parole les jeux sont fait. A conclusione delle mie considerazioni vorrei porre una domanda all''onorevole Galvagno e una all'assessore Strano. All'onorevole Galvagno vorrei chiedere quali iniziative politiche intende intraprendere per tutelare gli interessi della comunità ennese e per impedire lo scippo che sta per consumarsi ai danni della comunità di cui lo stesso è rappresentante. All'assessore Strano, noto per la sua pantagruelica abbuffata di mortadella, nella Camera del Senato, in occasione della caduta del governo Prodi, chiedo se veramente intende spostare un reperto di inestimabile valore storico, artistico, culturale come se fosse un prosciutto; o se ritiene invece che lo stesso debba essere collocato nel suo contesto storico, in armonia con l'ambito territoriale e culturale in cui è stato creato.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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