mercoledì 6 gennaio 2010

Piazza Armerina, restauri infiniti. Su "La Stampa" di oggi.

L’articolo sotto riportato è tratto dal quotidiano ”La Stampa” di oggi 6/1/2010
Potrebbe essere interessante pubblicarlo… se vuoi!
Uno che ti segue da Torino.
Claudio

I mosaici dovevano essere pronti questo mese, ma i lavori non sono ancora completati. Ancora un anno e un milione e mezzo in più: la procura apre un’inchiesta
Restauratori al lavoro
LAURA ANELLO

PIAZZA ARMERINA (Enna)
Il direttore tecnico del cantiere, Roberta Bianchini, ha preso casa qui, con mamma ottantenne al seguito e due giovani restauratori che ormai fanno parte del paesaggio. Mimetizzati con i cacciatori, i fauni, gli animali che da 1.700 anni continuano a inseguirsi e a giocare sui pavimenti in mosaico, 3.600 metri quadrati realizzati con 120 milioni di tessere. L’anonimo ricconeQui, nella Villa romana del Casale che è patrimonio mondiale dell’Umanità, residenza di un riccone senza nome che nel 300 dopo Cristo si dilettava tra terme e triclini, i gruppi di turisti di mezzo mondo si aggirano tra gru, transenne, scavi, calcinacci. I lavori dovevano concludersi entro questo mese, ma se va bene ci vorranno ancora un anno e un milione e mezzo di euro, mentre sul cantiere piomba l’apertura di un’inchiesta da parte della procura di Enna a seguito della denuncia sui restauri-lumaca presentata da Confesercenti. Il culmine di due anni di montagne russe, con i bancarellari abusivi a rifiutare di liberare la strada d’accesso ai camion (tanto che la consegna dei lavori all’impresa, nel marzo 2007, avvenne sotto riserve di legge), con un ponte su un fiume costruito per aggirare il problema e mai utilizzato, con il responsabile unico del procedimento Rosa Oliva sottoposta a scorta di polizia nei momenti più caldi, con un progetto avveniristico da condurre in porto. E con un braccio di ferro, ancora in corso, sulla gestione dei visitatori, ammessi dallo scorso novembre soltanto nei fine settimana: il direttore dei lavori Guido Meli dice, a malincuore, che dal 10 gennaio fino a fine marzo bisognerà chiudere del tutto per permettere di accelerare sui lavori, l’Alto commissario per la Villa, Vittorio Sgarbi, risponde che non se ne parla neanche e che almeno nei weekend i cancelli dovranno restare aperti. L’officina distanteNon è la prima, si fa per dire, differenza di vedute: se Sgarbi voleva piazzare sui mosaici una piramide di vetro alta trenta metri, se i puristi volevano restaurare e mantenere le coperture Anni Cinquanta firmate da Marco Minissi, grande nome della museografia, Meli (che dirige il Centro di restauro della Regione siciliana) alla fine l’ha spuntata con la sua «terza via». L’obiettivo, completato il consolidamento dei mosaici che erano a pezzi, è quello di rimuovere le vecchie tettoie e di collocare capriate di legno e rame che riproducano i volumi delle stanze: un sito archeologico all’aria aperta diventerà insomma un luogo chiuso, illuminato da luci artificiali, che intende suggerire le atmosfere e gli spazi del tempo. Peccato che realizzare coperture precise al decimo di millimetro e collocarle su mura vecchie di secoli non sia proprio un gioco da ragazzi. Tanto più se l’officina che li realizza si trova a duecento chilometri di distanza (a Favara, in provincia di Agrigento) e se dopo il primo rilievo manuale ne è servito un secondo fatto con il laser e una terza ricostruzione tridimensionale, con i disegni a fare su e giù tra cantiere e officina. «Non esiste al mondo alcun precedente raffrontabile al nostro progetto - dice Meli - ci sono molte coperture stile hangar ma nessun esempio di ricostruzione dei volumi originali». E per fortuna che il gong dei finanziamenti, diciotto milioni di euro arrivati dall’Europa, non è suonato - come era previsto - il 31 dicembre del 2008, altrimenti si rischiava di restituire i soldi a Strasburgo. I soldi sono finiti nelle cosiddette «somme liberate», senza più una scadenza perentoria. Ma se le redini della burocrazia sono diventate più morbide, i visitatori si aggirano in un cantiere, in mano le immagini patinate di riviste e depliant. «Davvero deludente - dice una famiglia romana - i pavimenti sono bellissimi ma il contesto è deprimente». Le tessere non brillano, aspettano la patina di lucidatura. E anche le fanciulle in bikini, superstar dei mosaici, sembrano sorridere un po’ meno.

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


___________


"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

TUTTI GLI ARTICOLI