Il paesaggio ritorna, nella produzione di Cateno Sanalitro, zampillando copiosamente da un gesto ormai automatico, ripetitivo, quasi rituale. Immagino l’artista e amico nell’atto di tracciare – col pennello, con la spatola – una linea d’orizzonte, di confine tra terra e cielo; una linea ora dritta e netta, ora ondulata e sfumata. Lo rivedo nel gesto lento e sapiente di mesticare gli ocra, i verdi, gli
azzurri, il bianco e il nero, per riprodurre non solo nelle tinte, ma persino nella loro consistenza, nella loro matericità, le terre calcinate, le terre arate, le terre bruciate dal sole, le terre verdi d’aprile, le maggesi e le sterpaglie. Terre e ancora terre.
azzurri, il bianco e il nero, per riprodurre non solo nelle tinte, ma persino nella loro consistenza, nella loro matericità, le terre calcinate, le terre arate, le terre bruciate dal sole, le terre verdi d’aprile, le maggesi e le sterpaglie. Terre e ancora terre.
E poi il cielo, azzurro e intenso o percosso da nuvole bianche come vele: un cielo che non sovrasta i luoghi rappresentati, ma pare allontanarsene, simmetricamente, come lo sguardo al di qua della tela.
Lo sguardo dell’artista si allontana il più possibile per abbracciare spazi sempre più vasti, ritraendosi verso un primo piano talvolta fatto di zolle, talaltra di botri profondi, linee diagonali che danno il senso della prospettiva, della distanza.
A volte si tratta di una distanza aerea, il paesaggio è visto dall’alto, da un belvedere, da una di quelle alture che conosciamo. E’ come se l’artista volesse, nostalgicamente, rappresentare la lontananza dei luoghi amati: una loro disperante nattingibilità, ma anche il loro dilatarsi nel ricordo affettuoso e il bisogno di ritrovarli e immergervisi: il bisogno fisico di ricreare e manipolare la materia in cui consistono.
Il paesaggio dipinto non è solo un simulacro, un potente sostituto simbolico dei luoghi reali dell’infanzia: la pittura “è” il paesaggio.
Come conterraneo dell’artista siciliano, Io riconosco quei luoghi. Come lui, li rivedo nel variare delle stagioni, verdi in primavera, brulli d’estate e poi solcati dal nero delle stoppie bruciate. Gli alberi radi, un gelso rosso, o un carrubbo che offrono un’ombra ristoratrice nella calura estiva. E i ruderi di masserie abbandonate e di siti archeologici sulle colline e le vallate del Dittaino, che si estendono a perdita d’occhio sino all’Etna lontana, bianca e azzurra tenue; la campagna dell’ennese, che non può essere raccontata o fotografata o in alcun modo riprodotta se non da questo gesto che lo offre e lo indica allo sguardo partecipe di amici anch’essi lontani, invitando a un possibile – impossibile ritorno.
Cateno Sanalitro è un uomo dal cuore antico, il suo gesto di spalmare terra e cielo sulla superficie della tela ha qualcosa di arcaico e sacrale. Ma è anche un contemporaneo consapevole dell’insignificanza di un tale gesto, pur così intenso e poetico. Con la sua pendolarità tra ciò che è antico (ciò che è perduto) e ciò che costituisce l’esistenza reale, Sanalitro mette in scena, in definitiva, un suo reale e consapevole conflitto, il suo appartenere al passato e il suo essere per così dire un’esule nella modernità: senza tuttavia subirla.
Tino Sanalitro espone a Gattatico
Si terrà a Gattatico, in provincia di Reggio Emilia, la mostra del pittore Tino Sanalitro “Erei”, organizzata dalla Summer School “Emilio Sereni” e dall’Istituto Alcide Cervi, e patrocinata dal Comune di Piazza Armerina. Il contesto è quello III edizione della Summer School Emilio Sereni, “Storia del paesaggio agrario italiano”.
Questi date e orari.23 Agosto – 25 settembre 2011
Inaugurazione: 23 Agosto 2011 ore 19
Orario di apertura:
martedì, mercoledì, giovedì 9.00 – 13.00
venerdì, sabato e domenica 10.00 – 13.00 / 15.00 – 19.00
Dal 23 al 28 Agosto 2011, la mostra resterà aperta dalle 9 alle 19.
Cateno (Tino) Sanalitro è nato a Piazza Armerina nel 1956. Vive e lavora a Budrio in provincia di Bologna. Dal 2001 collabora con MIMESI 62, Studio Architetti Associati, Firenze.