E' stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Quella dell'amministratore dei beni di un partito italiano, la Margherita, che si pappa come un niente i 13 milioni di euro che costituivano la riserva economica del partito e che lui doveva amministrare. E tutto questo senza che nessuno dei dirigenti della Margherita, sino a prova contraria tutte brave persone, se ne accorgesse minimamente. Voi che ne pensereste di un amico con cui andate a cena e lui non sa esattamente quanto ha in tasca o quanto nel conto corrente, e non sa se può pagare la pizza che avete mangiato o restituirvi per tempo un prestito che gli avete fatto? Pensereste certo di lui che è uno squinternato, altro che affidargli il vostro cane per portarlo a passeggio.
Questo è il rango che hanno oggi i partiti agli occhi della gran maggioranza degli italiani, gente cui non affidare neppure il proprio cane per portarlo a passeggio. Fuor di metafora, da un recente sondaggio i cui dati sono stati commentati sul "Corriere della Sera" di domenica 5 febbraio da Renato Mannheimer, la fiducia degli italiani negli attuali partiti è scesa al minimo storico dell'8 per cento. Il che significa che 92 italiani su cento vorrebbero che altri partiti sostituissero quelli esistenti o per lo meno che i partiti che ci sono cambiassero radicalmente il loro modo di far politica. Per avere un elemento di raffronto, quelli che hanno molta o moltissima fiducia nel capo dello Stato Giorgio Napolitano sono il 78 per cento degli italiani. Più di due italiani su tre.
Ai fini della solidità e della coesione della nostra democrazia, il giudizio diffuso sui partiti è una sentenza drammatica. Come di una famiglia il cui capofamiglia fosse reputato un ubriacone capace a nulla, o di un esercito il cui condottiero fosse reputato un vile e un incompetente. E questo perché nella nostra democrazia i partiti si sono ingoiati tutti i poteri, mettono becco su tutto, decidono appalti alle grandi industrie e carriere individuali, ascolti i loro rappresentanti che balbettano il nulla ogni sera ai telegiornali. E a non dire della marea di soldi che si sono assicuratii pur di promuovere se stessi, le immagini dei loro leader: pur di convincerti di quanto siano insostituibili, di come dalle loro riunioni e dalle loro combutte verranno fuori senz'altro le ricette che manderanno in paradiso l'Italia. Di certo verranno fuori i nomi dei direttori dei telegiornali e dei canali televisivi. In un'occasione l'allora capo del governo, Silvio Berlusconi, disse la sua anche sull'allenatore della nazionale italiana, il campione del mondo Dino Zoff, e quello che era un uomo d'onore si dimise immediatamente e non ne volle sapere più.
Quanto siano indispensabli i partiti e i loro uomini e le loro alchimie, lo stiamo vedendo con la nascita del governo condotto da Mario Monti, un governo dove di uomini strettamente mandati dai partiti non ce n'è nemmeno uno. Un governo che non è il paradiso delle Uri ma che di certo non è inferiore a nessun altro governo della Seconda repubblica. E' verissimo che se questo governo c'è è perché in Parlamento ottiene i voti favorevoli di tre partiti, il Pd, il Pdl e la coalizione di centro. L'importante però è che questi tre partiti abbiano fatto un passo indietro, e seppure continuino a incanaglirsi l'un l'altro per nominare il direttore del TG1 o per vendicarsi dei magistrati d'accusa che talvolta sbagliano ma che il più delle volte fanno il loro dovere. Ebbene, quei partiti facciano adesso uno o altri due passi indietro. Diano assicurazione sul loro onore che Monti potrà lavorare sino a fine legislatura a mettere il punto finale al "disastro chiamato Seconda repubblica" (scusate se cito il titolo di un mio libro). Per il dopo, che Dio e lo spread ce la mandino buona.
Questo è il rango che hanno oggi i partiti agli occhi della gran maggioranza degli italiani, gente cui non affidare neppure il proprio cane per portarlo a passeggio. Fuor di metafora, da un recente sondaggio i cui dati sono stati commentati sul "Corriere della Sera" di domenica 5 febbraio da Renato Mannheimer, la fiducia degli italiani negli attuali partiti è scesa al minimo storico dell'8 per cento. Il che significa che 92 italiani su cento vorrebbero che altri partiti sostituissero quelli esistenti o per lo meno che i partiti che ci sono cambiassero radicalmente il loro modo di far politica. Per avere un elemento di raffronto, quelli che hanno molta o moltissima fiducia nel capo dello Stato Giorgio Napolitano sono il 78 per cento degli italiani. Più di due italiani su tre.
Ai fini della solidità e della coesione della nostra democrazia, il giudizio diffuso sui partiti è una sentenza drammatica. Come di una famiglia il cui capofamiglia fosse reputato un ubriacone capace a nulla, o di un esercito il cui condottiero fosse reputato un vile e un incompetente. E questo perché nella nostra democrazia i partiti si sono ingoiati tutti i poteri, mettono becco su tutto, decidono appalti alle grandi industrie e carriere individuali, ascolti i loro rappresentanti che balbettano il nulla ogni sera ai telegiornali. E a non dire della marea di soldi che si sono assicuratii pur di promuovere se stessi, le immagini dei loro leader: pur di convincerti di quanto siano insostituibili, di come dalle loro riunioni e dalle loro combutte verranno fuori senz'altro le ricette che manderanno in paradiso l'Italia. Di certo verranno fuori i nomi dei direttori dei telegiornali e dei canali televisivi. In un'occasione l'allora capo del governo, Silvio Berlusconi, disse la sua anche sull'allenatore della nazionale italiana, il campione del mondo Dino Zoff, e quello che era un uomo d'onore si dimise immediatamente e non ne volle sapere più.
Quanto siano indispensabli i partiti e i loro uomini e le loro alchimie, lo stiamo vedendo con la nascita del governo condotto da Mario Monti, un governo dove di uomini strettamente mandati dai partiti non ce n'è nemmeno uno. Un governo che non è il paradiso delle Uri ma che di certo non è inferiore a nessun altro governo della Seconda repubblica. E' verissimo che se questo governo c'è è perché in Parlamento ottiene i voti favorevoli di tre partiti, il Pd, il Pdl e la coalizione di centro. L'importante però è che questi tre partiti abbiano fatto un passo indietro, e seppure continuino a incanaglirsi l'un l'altro per nominare il direttore del TG1 o per vendicarsi dei magistrati d'accusa che talvolta sbagliano ma che il più delle volte fanno il loro dovere. Ebbene, quei partiti facciano adesso uno o altri due passi indietro. Diano assicurazione sul loro onore che Monti potrà lavorare sino a fine legislatura a mettere il punto finale al "disastro chiamato Seconda repubblica" (scusate se cito il titolo di un mio libro). Per il dopo, che Dio e lo spread ce la mandino buona.
06 febbraio 2012