martedì 20 luglio 2010

Pietraperzia. Casa del clero incompiuta dopo 10 anni.

di Giuseppe Carà
PIETRAPERZIA. A dieci anni dell’inizio dei lavori “La Casa del Clero” resta un’incompiuta. Per intervento del vescovo Michele Pennisi la Cei (Conferenza Episcopale Italiana) stanziò la somma di 340 mila euro per ristrutturare la casa canonica della chiesa madre, che fu messa a disposizione delle tre parrocchie. Con atto notarile le tre parrocchie (Chiesa Madre, Madonna della Grazie e Santa Maria di Gesù) divennero comproprietarie e con l’impegno di integrare la somma ricevuta dalla Cei per portare a termine i lavori. A dieci anni dell’inizio dei lavori la casa del clero resta un’incompiuta, con l’aggravante che è venuto a mancare il parroco della Madonna delel Grazie den Pino Siciliano. Per il momento l’onere di portare a termine i lavori spetta ai parroci Giovanni Bongiovanni e Pino Rabita, che è anche amministratore delegato della parrocchia Madonna delle grazie.


La casa del clero prevede cinque appartamenti, ma ancora necessita di lavori strutturali all’interno. La casa del clero risolverebbe il problema dei sacerdoti perché ognuno vive una realtà individuali. In atto la comunità pietrina è servita dai seguenti sacerdoti: Giovanni Bongiovanni, Emanuele Cassarà, Giuseppe Carà, Nunzio Lavore, Giovanni Messina e Pino Rabita.

In atto in diocesi sono stati creati case del clero e già sono attive; a Pietraperzia, sembra che manchi la volontà dei sacerdoti di mettersi assieme a fare una pastorale comunitaria, perché manca un progetto cittadino di “pastorale integrata”.

Il baratro della carenza antropologica in cui è caduto il paese, non dipende solamente dalle forze politiche o sociali, ma anche dal mondo cattolica che da lungo tempo non è riuscito a produrre una pastorale forte da dare una svolta alla vita del paese. Un ruolo, forte hanno le tre confraternite con i tre governatori Rocchina Scalieri, Michele Corvo e Giuseppe Maddalena.

E’ una esigenza del laicato cattolico che il clero si presenti monolitico per annunziare il “Regno di Cristo, nostra speranza”.

Giuseppe Carà

Chi sono

Qualcuno, di cui non ho molta stima, mi chiama "Architetto di Dio". La cosa, però, mi piace. Dicono che sono un architetto eclettico ed un pò anomalo. Il mio lavoro è a metà tra i restauri ed il turismo. Sono cooperatore salesiano e amo Don Bosco. Sono sposato con Cinzia che amo. Abbiamo tre figli, Gabriele Samuele e Gaia. Se vuoi scrivermi ecco la mail architettodidio@gmail.com


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"Il senso di inquietudine mi insegue sempre e quando mi pare di aver colto una certezza ricado nell'assoluto smarrimento. Mi chiedo: sono al posto giusto, al momento giusto? Boh! che casino è la VITA e quanto doloroso è questo cammino di scoperta dell'Assoluto che c'è in noi!"

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